Oggi Carlo Calenda ha deciso di attaccarmi con uno dei suoi soliti sproloqui politici.
Non mi stupisce: è l’atteggiamento di chi, chiuso nei salotti romani, guarda con disprezzo chi ogni giorno si misura con i problemi reali dei cittadini.
Io non vivo di teorie, ma di soluzioni.
Faccio il Sindaco, conosco la mia gente, mi sporco le mani e mi rimbocco le maniche per risolvere i problemi. Ecco perché sono arrivato alla quinta fascia di amministratore locale, mentre tu, Carlo, non hai mai servito un territorio.
Caro Carlo, se vuoi parlare di “questione morale”, fallo con nomi, cognomi e fatti, non scimmiottando qualche improvvisato populista in salsa sicula.
Risparmiaci le solite accuse generiche che offendono un’intera classe dirigente siciliana: quella che lavora onestamente e che, spesso, porta ancora addosso le cicatrici per essersi rifiutata di entrare nel Sistema.
Io la Sicilia la amo, e ogni giorno individuo soluzioni per farla crescere.
Tu invece parli, pontifichi, giudichi. Ma non hai idea di cosa significhi amministrare, stare in trincea, affrontare i problemi veri.
La differenza tra noi è semplice: io costruisco, tu giudichi.
E la Sicilia ha bisogno di chi costruisce, non di chi si fa eleggere al Senato rubando i voti al Sud e poi sputa sul popolo che ti ha sostenuto.
Ma diciamola tutta sul buon Calenda, così la gente può giudicare.
Quando è venuto a Messina mi aveva attaccato, salvo poi cercarmi per fare un accordo in vista delle scorse Europee.
Anche in quell’occasione si è dimostrato inaffidabile, un personaggio politicamente instabile.
Del resto, non è la prima volta: nel 2022, per inseguire i sondaggi, fece saltare l’accordo col Pd di Enrico Letta.
E poi diciamoci la verità: Calenda odia le regioni, perché non è mai riuscito a costruire una classe dirigente territoriale.
In Sicilia aveva la sua lista e il suo candidato alla Presidenza della Regione… risultato? Un misero 2%.
Da allora non si è più ripreso.
Soffre di una sorta di “sindrome rabbiosa-possessiva”: quando non riesce a conquistare uomini, donne o territori, si accanisce contro di loro.
E così oggi Calenda vorrebbe commissariare la Sicilia. (Sic!)
Perché? Perché non riesce a incidere politicamente.
Ma vi sembra normale che uno, solo perché fallisce, voglia distruggere istituzionalmente una regione?
Con queste affermazioni mostra di essere un populista qualunque, alla ricerca disperata di visibilità.
Adesso, tenetevi forte.
Il buon samaritano Calenda, che si presenta come paladino della buona politica, in questi anni ha raccattato chiunque in giro per l’Italia.
In Sicilia, alle Politiche, ha fatto eleggere nelle sue liste anche esponenti che in passato erano stati nel governo Cuffaro.
Sì, avete capito bene.
Quando gli servono, sono “rispettabili”. Quando non lo seguono più, diventano “il male assoluto”.
Carlè, tu che sei amante della storia…
Fatti anche un po’ di geografia, così magari impari a distinguere la Sicilia sulla cartina.
Come mi ha detto il tuo illustre “Dante causa”: “Carlo non individuerà mai la Sicilia neanche se gli dai una cartina geografica”.
